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L’Inter ha rifinanziato il debito senza investimenti di Oaktree: cosa aspettarsi

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Getty Images

L’Inter tira un sospiro di sollievo. Il rifinanziamento del debito ha dato respiro al club, assicurando l’iscrizione alla Serie A 2026/27 senza ostacoli amministrativi. Un’operazione tecnica presentata come un passo avanti, ma che nella sostanza fotografa bene il momento attuale: il club non cresce, si ristruttura. E lo fa senza l’ombra di un investimento da parte della proprietà.

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L’Inter rifinanzia il debito per sanare i bilanci

Il portale Calcio e Finanza spiega l’operazione, che è quella classica della finanza: ottenere un nuovo prestito a condizioni più vantaggiose per estinguere un precedente più oneroso. Con le dovute proporzioni, è simile a quanto fa chi surroga un mutuo per risparmiare. L’Inter ha chiuso il vecchio bond emesso nel 2022 da 415 milioni di euro – con tasso al 6,75% e scadenza nel 2027 – accendendone uno nuovo da circa 300 milioni, proiettato fino al 2031.

Il risultato? Interessi abbattuti e scadenze spostate in avanti. Ma il risparmio vero è altrove: quei 100 milioni in meno derivano direttamente dai ricavi sportivi, non da un supporto del fondo Oaktree, attuale proprietario del club. Tradotto: i successi sportivi sono serviti a rientrare dal debito. Il campo ha salvato i conti, non li ha potenziati.

È questa la chiave di lettura più inquietante per il popolo nerazzurro: Oaktree non ha messo un centesimo. Né lo farà. Il fondo statunitense, entrato a gamba tesa nella gestione del club, non ragiona da patron appassionato ma da operatore finanziario: rendere appetibile l’asset per rivenderlo con profitto. E l’Inter è oggi un asset da “ottimizzare”, non da potenziare.

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Oaktree non investe, Inter ostaggio dei conti

Il rifinanziamento non è il primo della storia recente nerazzurra. Già nel 2015, sotto la presidenza Thohir, il club aveva contratto un debito da 215 milioni con Goldman Sachs e UniCredit, poi rifinanziato nel 2017 con un bond da 300 milioni. La successiva emissione del 2022 ha rappresentato l’apice del rischio finanziario, con un tasso elevatissimo che oggi il club ha scelto di disinnescare.

Nonostante ciò, il futuro resta grigio. Il bilancio non consente spese folli, e sul mercato si procederà col freno a mano tirato: operazioni a parametro zero, stipendi ridotti, cessioni funzionali agli acquisti. La competitività si costruirà con creatività, non con investimenti.

Una riflessione sul calcio moderno: passione ai margini

La vicenda Inter è solo l’ennesimo episodio di un calcio sempre più vincolato alla logica finanziaria. I tifosi sognano trofei, i fondi cercano rendimenti. Le emozioni del campo valgono meno di un buon bilancio trimestrale. E se da un lato il rifinanziamento garantisce stabilità a breve termine, dall’altro conferma che la visione strategica è orientata alla vendita, non alla costruzione.

Il club non fallirà, certo. Ma neppure potrà permettersi scelte ambiziose. Per Oaktree, l’obiettivo è chiaro: uscire con profitto. Per l’Inter, intanto, resta la necessità di camminare su un filo, tra l’equilibrio economico e le aspettative sportive. Un equilibrio che, nel calcio moderno, rischia sempre più spesso di spezzarsi.

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