“È un gioco, ma vale molto di più”: Fabrizio Agostini racconta la magia di FanTAgostini

Nel mondo delle aziende si parla spesso di team building, fidelizzazione dei clienti, creazione di comunità. Raramente, però, si immagina che il collante più efficace possa essere… il fantacalcio. E invece è proprio da qui che nasce FantAgostini, la lega a listone ideata da Fabrizio Agostini, CEO di Arya Group, e pensata per coinvolgere clienti, partner e collaboratori in un unico ecosistema ludico, scherzoso e al tempo stesso sorprendentemente aggregante.
Agostini, fantallenatore da oltre trent’anni, ha alle spalle una storia personale e sportiva che spiega bene perché giochi, competizione sana e spirito di squadra siano così centrali nella sua visione aziendale. In questa intervista ci racconta com’è nata l’idea, perché ha deciso di affidarsi quest’anno alla consulenza professionale di Fantacademy e Consigli Fantacalcio, che tipo di fantallenatore è e quale filosofia dovrebbe guidare chi vive questo gioco “troppo seriamente”.
Intervista a Fabrizio Agostini, CEO di Arya Group
Allora Fabrizio, partiamo da lei. Quando ha iniziato a giocare al fantacalcio?
«Consideri che ho iniziato quando ancora si compravano i giornali, si faceva la formazione su un foglio prestampato e si calcolava tutto a mano. Qui in azienda, fin dall’inizio, facevamo un fantacalcio basato sulla media dei tre quotidiani sportivi: Tuttosport, Corriere dello Sport e Gazzetta. Il lunedì due persone erano dedicate solo a fare i calcoli per tirare fuori i risultati. Non c’era nulla dell’informatica di oggi. Parliamo proprio degli albori, degli inizi degli anni ’90. All’epoca non c’erano nemmeno i tre punti, se ne davano due.»
Quindi più di trent’anni di esperienza…
«Assolutamente sì. Ho sempre giocato al fantacalcio, soprattutto a scontri diretti e sempre all’interno dell’azienda. A differenza di tanti, non ho mai giocato con un gruppo di amici, perché già il fanta aziendale mi portava via parecchio tempo. E all’epoca ero anche un atleta, quindi tra lavoro, rugby e fantacalcio la giornata era piena.»
A proposito di rugby: ci racconta la sua esperienza sportiva?
«Ho giocato vent’anni. Sempre nella squadra del mio quartiere di Roma, Ostia. Ho fatto C2, C1, Serie B, ma sempre lì. Per me è stato un mondo fondamentale: lo spogliatoio, le dinamiche di gruppo, lo spirito di sacrificio. Tutte cose che oggi ritrovo anche nel mio modo di gestire le persone.»

La nascita di FantAgostini
Come nasce FantAgostini e perché un’azienda decide di creare un torneo di fantacalcio?
«L’esperienza interna mi ha fatto riflettere. Quel clima che si crea attorno al fantacalcio è estremamente positivo: rompe gli schemi dei ruoli, avvicina le persone, fa sentire tutti parte di un ecosistema non solo lavorativo. Poi ho iniziato a condividere questa passione con alcuni clienti: qualche battuta al bar, un caffè, due parole. Ho scoperto che oltre l’80% delle persone con cui parlavo seguiva o giocava al fantacalcio.
Io ho sempre lavorato molto sulla fidelizzazione dei clienti, cercando iniziative che potessero unire divertimento e relazione. Negli anni abbiamo fatto viaggi, eventi, vendite abbinate… Poi ho iniziato a chiedere direttamente: “Se organizzassi un torneo, parteciperesti?”. Tutti dicevano di sì. Così l’anno scorso abbiamo fatto la prima edizione, molto artigianale. Quest’anno, invece, grazie alla vostra consulenza, lo stiamo facendo in modo professionale.»
Il ruolo di Fantacademy e la nuova esperienza a listone
Quest’anno ha affidato la gestione di FantAgostini a Fantacademy. Che feedback hai raccolto in azienda?
«Molto positivo. Noi partecipiamo fuori classifica, ma vediamo come si rapportano gli altri. Il fantacalcio a listone è un altro sport, lo dico chiaramente: io non ci ho ancora capito il segreto, anche seguendo i vostri consigli (ride). Eppure ci sono squadre che fanno più di 80 punti ogni settimana, anche con giocatori non di primissima fascia: significa che hanno interpretato bene il gioco.
Quello che apprezzo della vostra gestione è l’interazione continua con i fantallenatori. Il gruppo WhatsApp ogni tanto tira fuori polemiche divertenti, qualche scintilla, ma è proprio questo il bello: il gioco crea comunità. E all’evento finale vedremo se scatteranno anche prese in giro più dirette, che sono l’essenza del divertimento.»
Record, soddisfazioni e stile da fantallenatore
Fabrizio Agostini è anche un fantallenatore vincente: quante stelle ha sulla maglia?
«Basta venire nel mio ufficio: ci sono tutte le coppe che ho vinto. È un orgoglio… ma anche un modo per prendere in giro i miei collaboratori (ride). Due anni fa ho fatto la stagione dei record: quattro tornei in un’unica annata – apertura, chiusura, campionato e supercoppa – li ho vinti tutti io. Avevo preso una serie di scommesse che mi sono esplose tutte in mano.»
Che tipo di fantallenatore è? Uno che punta sulle scommesse o su certezze costose?
«Sono molto equilibrato. Non faccio squadre che si basano solo sul bomber da 20 gol o solo sui giocatori low cost. Lascio sempre qualche credito per non ritrovarmi spiazzato e ho sempre giocato con tutti i modificatori. Non disdegno la difesa, adoro costruire il centrocampo perché il modificatore lì può fare la differenza, e in attacco si va a battagliare fino all’ultimo credito. Mi piace studiare: prendere un giocatore a poco e vederlo esplodere dà una soddisfazione doppia.»

Le sfide del fantacalcio (e il rosicamento)
Qual è la cosa che fa “rosicare” di più un fantallenatore? Il mezzo punto o il trovare sempre un avversario che segna quanto te?
«Il mezzo punto fa male nell’immediato: fai 65,5 e perdi contro chi ha fatto 66. Oppure fai 71,5, 77,5 e non vinci. Quest’anno mi è capitato spesso. Ho pure perso una partita 5-4. Le statistiche dicono che oltre il 60% delle partite le vinci segnando due gol: eppure io, ogni volta che ne faccio due, trovo qualcuno che ne fa due o tre. Quando perdi facendo un punteggio alto… lì rosichi sul serio.»
La sua fede romanista è nota a tutti, anzi, più che nota. Parlando quindi da fantallenatore e rivalità nella capitale: chi ha della Roma in rosa? E ha giocatori della Lazio? Esulta quando portano bonus?
«Facciamo un discorso un po’ più ampio, così integriamo anche la rivalità “casalinga”. Per me la Juventus resta la squadra che “odio” di più; la Lazio viene dopo, ma solo perché, essendo stato ragazzo negli anni ’80, la vera rivalità era Juventus–Roma.
Per anni, nella mia azienda, le persone che assumevamo non erano particolarmente interessate al calcio, oppure erano romaniste. Non lo facevamo apposta: capitava così. A volte, a fine colloquio, facevo la fatidica domanda, oppure erano loro a commentare qualcosa che vedevano nel mio ufficio. Alla fine ci siamo trovati con circa il 70% dei dipendenti romanisti e un 30% a cui interessava poco il calcio. Ogni tanto provavo a scambiare qualche battuta, ma come dicevo sempre: “Poi il lunedì ce la cantiamo e ce la suoniamo da soli”. Mancava proprio qualcuno con cui scherzare davvero, con cui prenderci in giro.
Così mi sono preso l’obiettivo di assumere almeno un tifoso della Lazio — cosa che poi ho fatto — anche perché tre dei miei migliori amici sono laziali. Da lì, inserendo qualche laziale anche nella lega del fantacalcio, il gruppo si è naturalmente diviso tra romanisti e laziali, con pochissimi neutri (altrimenti non avrebbero giocato proprio al fantacalcio).
Secondo me, un tifoso è sempre scaramantico. Puoi essere pragmatico quanto vuoi, ma se ami il calcio, un po’ di scaramanzia ce l’hai. Per esempio, quando ho fatto l’en plein, non avevo nessun giocatore della Roma: pensavo che portassero sfortuna. Ogni volta che prendevo un romanista, si infortunava o faceva una stagione negativa. E non prendevo giocatori della Lazio perché non volevo ritrovarmi a esultare per i loro bonus. In quel campionato mi ha detto bene. L’anno dopo ho applicato la stessa strategia… e sono arrivato ultimo. Quindi la scaramanzia è simpatica, ma non porta alcuna verità.»
Fantacalcio: il tifo e la passione ad ogni età
«Nella nostra lega aziendale abbiamo avuto per anni un magazziniere che faceva la squadra con 10 o 12 giocatori della Lazio su 25. Si classificava sempre dove si classificava la Lazio. Non c’era verso di fargli capire che il fantacalcio funziona diversamente. Poi abbiamo iniziato a far giocare il nostro progettista, che oggi ha 74 anni, quindi il primo fantacalcio a 72 anni: romanista vero, non ha mai giocato a calcio, e infatti faceva la squadra della Roma. Anche a lui abbiamo dovuto spiegare che non funzionava così. Ora si stanno equilibrando tutti.
Alla fine, no: non esulto se segna qualcuno della Lazio. Però sono contento se mi porta bonus e, comunque, quando giocano contro la Roma non li schiero, così evito proprio il problema. Poi l’età ti ammortizza tante emozioni: impari a viverle con più calma.»
Quindi non si è mai trovato costretto, in un derby, a schierare un laziale?
«No, nessuno. Anche se, tatticamente, capita che li schieri comunque: se segnano hai almeno metà della felicità che avresti avuto se avessi potuto esultare davvero. Ma io vivo tutto alla giornata.»
Un consiglio ai fantallenatori che vivono tutto “troppo seriamente”
Cosa direbbe a chi vive il fantacalcio con negatività, nervosismo, maniacalità?
«Direi lo stesso consiglio che darei nella vita: è un gioco. Un bellissimo gioco, che ti accompagna in modo unico. Le racconto un aneddoto: io, rugbista, appartenevo a un ambiente che storicamente “odiava” i calciatori. Ma all’intervallo, quando giocavo, andavo sulle tribune a farmi dire il risultato della Roma… e dei miei fantagiocatori! Un paradosso totale.
Quando ho smesso di giocare e sono andato allo stadio come tifoso, durante i silenzi si sentiva qualcuno gridare “EVVAI!” perché magari aveva segnato un attaccante del Verona che aveva al fantacalcio. Faceva ridere anche lì. Ecco: questo è il fantacalcio. Unisce. Fa sorridere. Ti fa vivere la settimana in un modo diverso. Un anno va bene, due vanno male… ma resta un gioco. Vivilo così.»



